Mario
Io non so se io e Mario, parlando di politica, saremmo mai potuti andare d’accordo; non lo so ma penso proprio di no: lui comunista di partito, io socialista libertario.
Penso proprio di no.
Quando io e Mario ci siamo conosciuti io ero piccolo e lui era già un vero signore fatto e finito, con due figli già adulti. Conosceva bene il mio babbo e mi chiamava per cognome (lo fa tutt’ora suo figlio Vlady).
Io ero piccolo e l’unica cosa che sapevo di politica era che Andreotti mi stava sul cazzo, e anche Gianni Agnelli e Silvio Berlusconi.
Penso che Mario, ad averlo saputo, avrebbe approvato.
Andavo a giocare a pallone ai giardini pubblici adiacenti la sua pompa di benzina. Intorno a lui, ogni estate, si radunava una combriccola di signori amici di Mario e, mentre Mario riforniva le macchine, chiacchieravano di politica e pallone. Parlavano di pallone ma non gradivano il nostro di pallone, poiché ogni tanto si abbatteva su di loro rischiando di fare male a qualcuno: i signori si incazzavano e Mario, forte della sua esperienza partitica, faceva da mediatore; fu lì che imparai che la cosa più importante era essere autorevoli, e Mario lo era, e non autoritari, e Mario non lo era.
Poi son cresciuto e ho smesso col pallone, mi son dato al rock ‘n’roll e son diventato libertario: forse Mario avrebbe preferito fossi rimasto un rompicoglioni col pallone ai piedi.
Ai giardini pubblici non ci andavo più, l’unico giardino che frequentavo era quello fuori dal Macchia Nera a Pisa; Mario lo incrociavo ogni tanto per Pontedera, quelle rare volte che andavo in giro per la cittadina che ha dato i natali sia a me che a lui, e l’ho sempre rispettato, perché era autorevole e non autoritario. Per un socialista libertario, quando non sei autoritario, sei già un compagno per forza di cose.
Quando son diventato un uomo ho letto tutti e due i suoi libri “Dalla spalletta dell’Arno si racconta…” Mi colpì molto il racconto de “Il Canto della Mano Nera” un luogo, sospeso tra realtà e leggenda della Pontedera di inizio ‘900 dove erano soliti riunirsi, notte tempo, ladri, anarchici, prostitute, omosessuali, delinquenti comuni, streghe, demoni e ubriaconi; un luogo dove, nel delinquere, si trovava una via di fuga dall’asfissiante giogo della “norma”. Mario ne scriveva e mi incantava: era esistito davvero? Mito? Leggenda? Non lo so…
Son stato anche alla presentazione dell’ultimo volume di “Dalla spalletta dell’Arno si racconta”, in Villa Comunale: Mario parlava con un supporto per la voce, nonostante questo parlava con toni accesi, mescolava il racconto di vite comuni alla politica con brio e lucidità, la vita lo aveva provato ma lui, decisamente, era sempre combattivo. Autorevole e non autoritario.
Anche adesso, che sono un uomo, da grande vorrei essere un signore fatto e finito come Mario, Mario che da oggi non c’è più, Mario che se n’è andato, Mario che ci lascia un po’ tutti orfani.
Io sono socialista libertario e Mario era comunista di partito e a me le figure istituzionali non piacciono, però, ecco, l’unico sindaco che avrei accettato e rispettato, a Pontedera, sarebbe stato senz’altro lui. E per tutta la vita, per me, lui è sempre stato questo: l’unico, vero e legittimo sindaco di Pontedera.